La Julia Stoschek Collection di Düsseldorf ha aperto le proprie porte al pubblico nel giugno del 2007 e quest’anno, in occasione del suo quindicesimo anniversario, il museo tedesco ha invitato Hans Ulrich Obrist a curare una mostra con le opere della collezione. La collettiva esplora la relazione tra il gaming e la time-based art e presenta anche lavori esterni alla collezione.
La collezione della Stoschek comprende opere, video e film degli anni ’60 e ’70, oltre che lavori di giovani artisti contemporanei. Obrist ha cercato di creare una sorta di archeologia dei videogames, con le prime opere vagamente paragonabili al mondo del gaming, costruendo un ponte tra passato e presente con l’aggiunta di pezzi più recenti. Tutte le opere in mostra hanno a che fare con l’estetica del gaming, che viene messa a confronto con l’arte e soprattutto con la cosiddetta “moving image art”. La mostra “WORLDBUILDING“ ha inaugurato nei primi giorni di giugno e durerà fino al 10 dicembre 2023. Il museo tedesco celebra i quindici anni dall’apertura del proprio primo spazio espositivo, seguito dall’inaugurazione dello spazio di Berlino nel 2016. La Julia Stoschek Collection ha organizzato più di quaranta mostre, oltre che svariati progetti relativi a presentazioni pubbliche, conservazione e ricerca sull’arte dagli anni ’60 ad oggi.
Hans Ulrich Obrist ha spiegato la ragione che lo ha spinto a curare la mostra: “Nel 2021 2,8 miliardi di persone, quasi un terzo della popolazione mondiale, ha giocato ai videogame, facendo sì che un passatempo di nicchia diventasse il più grande fenomeno di massa dei nostri tempi. Un sacco di gente passa ore e ore in un mondo parallelo, vivendo una moltitudine di vite. I videogame sono per il ventunesimo secolo quello che i film erano per il 1900 e quello che i romanzi rappresentavano per il 1800”.
L’estetica del gaming ha iniziato ad interessare gli artisti già alcuni decenni fa, quando si è provato ad integrare, modificare e sovvertire il linguaggio dei videogame per cercare di trattare tematiche relative alla realtà tramite parole e significati di un mondo virtuale. Alcuni artisti hanno anche criticato la logica discriminatoria e stereotipica del mondo del gaming. Più recentemente, si è invece capito che il gaming ha un enorme potere per quanto riguarda coinvolgimento del pubblico e comunicazione mainstream, tanto da diventare la prima industria del settore dell’intrattenimento. Da opere video ad un solo canale a ambienti site-specific, immersivi e interattivi, “ WORLDBUILDING“ passa in rassegna oltre trenta opere realizzate tra la metà degli anni ’90 ad oggi. Video, realtà virtuale, intelligenza artificiale e opere basate sul gaming: la maggior parte dei pezzi in mostra è interattiva e invita i visitatori a immergersi in una moltitudine di realtà alternative create dagli artisti. Si ha così la possibilità di attraversare contemporaneamente passato, presente e futuro.
“WORLDBUILDING“ mette insieme la ricerca di artisti del calibro di JODI, Peggy Ahwesh, Cory Arcangel e Sturtevant, che hanno modificato video esistenti e giochi per il computer per realizzare i propri lavori a partire dagli anni ’90. Ci sono poi opere di pionieri quali Suzanne Treister e Rebecca Allen, artista con un legame speciale con Düsseldorf (ha collaborato con la band “Kraftwerk”). Grandi installazioni basate sulla realtà del gaming proietteranno i visitatori all’interno della ricerca di giovani artisti quali Danielle Brathwaite-Shirley, Keiken, LuYang, Lawrence Lek, Gabriel Massan e dell’Institute of Queer Ecology, la cui riflessione pone l’accento sulle problematiche legate a tematiche socio-identitarie e a visioni utopiche del futuro. Gli artisti in mostra si interrogano anche sulla possibilità di incontro tra l’opera d’arte e la dimensione sociale dei videogame: lo fanno Lual Mayen, Cao Fei, Frances Stark, Angela Washko e LaTurbo Avedon, che è sia avatar che artista anonima. Le componenti estetiche del mondo della programmazione di videogame, tra cui il 3D e il VR, vanno invece rintracciate nelle opere time-based di Ed Atkins, Meriem Bennani, Ed Fornieles, Rindon Johnson e Jakob Kudsk Steensen. La mostra si conclude con le opere video di Harun Farocki, Larry Achiampong & David Blandy e Sondra Perry, che presentano una narrativa incentrata sugli aspetti più profondi dell’industria del gaming. Anche Balenciaga fa parte della lista di “artisti” in mostra.
L’esposizione durerà un anno e mezzo ed è destinata a mutare ed evolvere, grazie alle componenti software delle opere che verranno successivamente sviluppate e a dettagliati programmi di proiezioni live. Ad accompagnare la mostra c’è un programma variegato, sia online che dal vivo, oltre che un opuscolo e un esauriente catalogo la cui lettura facilita la comprensione del complesso fenomeno del gaming.
Dal 5 giugno 2022 al 10 dicembre 2023