Oltre 300 fotografie, tra cui un reportage sull’Ucraina e diverse immagini inedite, inaugurano a Le Stanze della Fotografia, in collaborazione con Marsilio Arte e la Fondazione Giorgio Cini, la mostra che racconta il lavoro sul campo che ha portato Paolo Pellegrin (Roma, 1964) a diventare uno dei più importanti fotografi di reportage al mondo.
Il percorso espositivo comprende gran parte della produzione del pluripremiato artista, realizzata tra il 1995 e il 2023. Le sale, che si susseguono con un criterio non cronologico, sono arricchite da scene che riflettono la lunga e variegata carriera del fotografo.
Quelle ritratte in aree di drammatico conflitto, tra cui l’Iraq e Gaza rivelano in modo sereno e solenne soggetti lacerati dal caos e paesaggi drasticamente spezzati nel fallimento del mondo contemporaneo. Per tali reportage Pellegrin ha cercato più volte di andare oltre l’orizzonte e di entrare nel “buco nero” della storia, come lo definisce Annalisa D’Angelo, curatrice della mostra. In questo modo, l’autore documenta crudamente, quasi memore di Otto Dix, le gravi condizioni di salute e di scarsezza che circondano la guerra e che, insieme alle testimonianze di chi è stato fotografato, delineano le scene di vita quotidiana nel conflitto.
A seguire sono immortalate dal fotografo catastrofi naturali come gli tsunami in Indonesia (2004), Giappone (2011), lo scioglimento e la fratturazione fragorosa dei ghiacci in Antartide e Groenlandia (2012-2019), gli incendi in Australia (2019-2020) e la migrazione delle specie, ponendo al centro della discussione la velocità e il deterioramento della “consapevolezza di un tempo che ci sta sfuggendo di mano”, come egli stesso afferma.
Il dramma umano è ribadito dalle fotografie riguardanti l’epidemia di HIV in Cambogia (1998) causata allo sfruttamento sessuale e alla poca assistenza sanitaria, la realtà affrontata dai rifugiati in difficoltà nei centri per migranti di Tijuana nel sogno di attraversare il confine tra Stati Uniti e Messico. Allo stesso modo i problemi razziali e i disordini sociali che hanno portato a importanti riforme dell’applicazione della legge penale (2010- 2019) in diversi Stati del Nord America e gli abusi jihadisti contro donne e bambine in Nigeria (2009-presente) sono alcuni dei problemi sociali ampiamente documentati e trasmessi da Pellegrin allo spettatore con un linguaggio “viscerale”, come dichiara Denis Curtis, curatore della mostra.
Infine, la selezione delle opere più recenti è invece un confrontarsi con la complessità del presente in un’epoca globalizzata: invita a riflettere sugli effetti del distanziamento durante la crisi del COVID, sulla migrazione forzata dovuta all’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina e sulla trasformazione sociale quale effetto della diaspora migratoria nel territorio italiano.
Nella mostra, spicca certamente il punto di vista dell’artista sull’evoluzione del proprio rapporto con la fotografia. Ovvero, i cambiamenti che affronta nella sua pratica professionale a causa dei progressi tecnologici e una personale denuncia dei pericoli, nell’immediato futuro, posti dalle tecnologie di riconoscimento facciale. Propone, quindi, un dibattito relativo alla sicurezza digitale e il diritto alla privacy attraverso un viaggio che esplora il significato della nostra esistenza attraverso il suo sguardo: profondamente umano e intensamente poetico.
Paolo Pellegrin
L’orizzonte degli eventi
Le Stanze della Fotografia, Venezia
30.8.23 — 7.1.24