Attraverso le Avanguardie. Giuseppe Niccoli / visione e coraggio di una Galleria / dettagli della mostra / ph Matteo Mezzadri - Studio PHORMA / courtesy APE Parma Museo

Massenzatico nella Bassa reggiana… un ricordo di Stefano Spagnoli su Giuseppe Niccoli

Ha aperto al pubblico la mostra inedita Attraverso le Avanguardie. Giuseppe Niccoli / visione e coraggio di una Galleria, organizzata da Fondazione Monteparma, con la preziosa collaborazione di Roberto e Marco Niccoli, figli del fondatore della celebre e omonima Galleria con sede a Parma e oggi alla guida della stessa.
Accogliamo il testo di Stefano Spagnoli realizzato per il catalogo della mostra in corso di pubblicazione. © Archivio Niccoli

Massenzatico nella Bassa reggiana, una manciata di casette che non sembra neanche un paese.
Il caldo è tale da zittire persino il frinire delle cicale.

Siamo al circolo culturale Prampolini (il sindacalista, non il futurista) e, dopo una frugale cena ayurvedica, Arturo Schwarz ci parlerà di anarchismo, Trotsky, Breton e Dada. Anche il pubblico è Dada: vecchiette parate a festa, neonati, dipendenti Iren, comunisti tentati dalla Lega, eredi di antiche mezzadrie, casari e Assessori pentiti come me. Sono al tavolo d’onore accanto al grande vecchio che mi fa una bella dedica sul suo introvabile Il reale assoluto: «X Stefano con molta amicizia, Arturo. Reggio E. 19/6/2013». Le A di amicizia e di Arturo sono inscritte in cerchi solidarmente anarchici. Il lambrusco non è un granché ma la conversazione è frizzante: avanguardie, alchimia, antistalinismo, comuni simpatie, mercato, mercanti e Geppino Niccoli, che con lui ha intrattenuto rapporti importanti e coraggiosi. «Niccoli è un gallerista di razza. Un mercante fenicio. Viene dai libri, dalla passione e dalla curiosità. Un bel testardo incurante delle trappole e dei rischi di un mestiere difficilissimo».

Un ritratto essenziale e condivisibile. Audace e cocciuto. Mai tentato dall’ombra riparatrice di un campanile antico e placidamente ostile al nuovo. Niccoli ha combattuto per il risveglio di una piccola capitale sopita silenziosamente sotto la coltre amniotica di fumanti anolini. Non era parmigiano, ma ha spinto il Ducato un po’ più in là del suo provincialismo. Penso che, con le sue amichevoli provocazioni, abbia portato a pochi metri dal più bel romanico del mondo tutte le avanguardie storiche e contemporanee del nostro malcompreso Paese. L’arte cinetica e programmata a 500 passi dall’Antelami. Inaudito nella città dei dolci post-impressionismi e delle prudenti evasioni nella modernità dei suoi migliori artisti.

Con Niccoli ho intrattenuto un disteso rapporto d’amicizia e collaborazione. Non l’ho mai messo in imbarazzo chiedendogli appoggi a mie mostre. Conoscevo la sua strategia. Faccio una personale nell’ottima galleria di Adriano e Carla Braglia e Giuseppe la definisce ribaldamente «arrapante».

Ancora ragazzo sgolosavo nella sua sovrabbondante libreria (libri d’arte da tutto il mondo) di via Mazzini, assistendo alla sua emancipazione con moto deciso e sorprendente in quella che è diventata una delle gallerie più propositive e convincenti del Paese. Nel 1984 costruiamo insieme, quasi per gioco, il comitato La città del vetro. Con Marta Tirelli, Giancarlo Artoni e Luigi Menozzi realizziamo un piccolo miracolo nel palazzetto Eucherio Sanvitale colmandolo con gli straordinari vetri della Fucina degli Angeli, creata dal veneziano Egidio Costantini. Io do il titolo alla mostra (L’immortale) e curo manifesto e catalogo, Giuseppe mi torna bambino giocando tra gli enormi immortali scacchi di Max Ernst. Attimi di autentica gioia e stupore, come quelli vissuti insieme a Torino, negli incontri con il geniale e sornione Armando Testa e i prototipi futuribili di Giorgetto Giugiaro. Niccoli aveva appena accolto queste mie proposte un poco devianti su avanguardie anomale (allora) come quelle del design e della pubblicità. Furono due gran belle mostre.

Porto Niccoli anche nel Mercanteinfiera, con veri e propri tocchi di classe: collettive strepitose e rassegne intriganti, come quelle dei mosaici ravennati ricavati dai cartoni di Afro o quella dedicata al Balla dell’abiura futurista con le figlie pittrici Luce ed Elica.

Anche nella grande kermesse zavattiniana del 1995 la galleria di Geppino è mia felice alleata. Raduniamo lì tutte le opere più belle di Za. Geppo mi permette un allestimento sfrontato e un poco fornasettiano. Appoggio gli acquerelli più piccoli come spartiti su di una foresta di leggii cromati. Un barbaro immondo ci ruba il più raro, proprio quello prestato dall’amico cuoco di Zavattini: il Nizzoli di Villa Strada.

Poi, sempre il caso mi ha fatto diventare Assessore alla Cultura e – siccome la legge mi autorizzava a collaborare con il privato – sostengo la creatività indispensabile di Niccoli con splendide rassegne dedicate alla Pop italiana, all’Optical e a diversi maestri della contemporaneità. Quello fu anche un momento di pericolosa esterofilia.

Esterrefatto ma affascinato, Giuseppe si è visto lordare tutta la sua candida galleria dall’impettito e algido numerologo Peter Greenaway. La sua mappa per il Paradiso in dieci tappe-città partì proprio da Parma, dalla Galleria Niccoli. Greenaway avrebbe potuto centellinare uno cherry sotto il bombardamento di Dresda. Giuseppe riuscì a farlo sorridere più di una volta. Io mai.

Fumavamo come i turchi e “brangognavamo” sulla nostra post-prandiale città. Ricordo lo sconcerto quasi offeso dell’amico Mitchell Wolfson al rifiuto di un magnifico Balla in una delle tante mostre non profit della galleria. Gran lusso quello del rifiuto. Niccoli se lo poteva permettere anche con un amabile magnate americano.

Giuseppe è partito da un po’. È andato in un posto lontano a ritrovare care persone e amici che pensava perduti. Là le sigarette sono eccellenti e non fanno tossire. E c’è anche Titti, il suo intelligentissimo e possessivo cagnolino da tartufo. Quando salivo in macchina con loro, dovevo accucciarmi silenziosamente nel sedile posteriore perché il posto di Titti era davanti, accanto al suo compagno di trifola. Niccoli guidava con calma e Titti non faceva che voltarsi sospettoso. Ringhiava persino con gli occhi e io mi sentivo un intruso.


Attraverso le Avanguardie
Giuseppe Niccoli / visione e coraggio di una Galleria
fino al 21 febbraio 2021
organizzata da Fondazione Monteparma,
con la preziosa collaborazione di Roberto e Marco Niccoli.

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