Sono due mondi, due storie, due epoche quelle che si incontrano nelle Sale di Palazzo Ardinghelli, sede del MAXXI L’Aquila, nelle opere di due artiste nate a 50 anni di distanza in luoghi tanto lontani come lo sono l’Italia e l’India.
Il museo inaugura oggi, sabato 1° aprile, la stagione espositiva del 2023 con la mostra Marisa Merz Shilpa Gupta visibileinvisibile, la doppia personale di due indiscusse protagoniste dell’arte contemporanea internazionale, realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz, con il sostegno di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e il Patrocinio del Comune dell’Aquila.
La mostra, sotto la direzione artistica di Bartolomeo Pietromarchi e la curatela di Fanny Borel, è stata presentata in anteprima alla stampa questa mattina da Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, Bartolomeo Pietromarchi, direttore MAXXI L’Aquila, Beatrice Merz, presidente della Fondazione Merz, l’artista Shilpa Gupta. Sono intervenuti il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio e il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi.
visibileinvisibile, il cui titolo si ispira al celebre testo incompiuto di Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, uscito postumo nel 1964, mette in dialogo, attraverso circa 50 opere delle due artiste, due mondi, tra Oriente e Occidente, due storie, tra generazioni diverse, in una conversazione sui temi del visibile e dell’invisibile, dell’immagine e della parola, del politico e del filosofico in una tensione etica e poetica che si compenetra e si completa nelle opere dell’una e dell’altra.
visibileinvisibile dedica ampio spazio alle opere di Marisa Merz (Torino, 1926 – 2019), unica rappresentante femminile dell’Arte Povera e protagonista della scena artistica italiana dalla fine degli anni Sessanta, Leone d’oro alla carriera nel 2013, ha esposto le sue opere nei musei più importanti del mondo come il Metropolitan Museum di New York e il Centre Pompidou di Parigi.
La mostra restituisce la varietà di mezzi e ispirazioni dell’artista che nelle sue opere, volutamente fuori da ogni tipo di definizione, esprime l’intimità del gesto artistico, lontana da mode e tendenze. Dai grandi disegni che evocano figure angeliche e spirituali con le quali l’artista invita a volgere lo sguardo verso l’io interiore, alle opere in filo di rame intrecciato attraverso cui propone una riflessione sui confini tra arte e artigianato, a quelle in stoffa e nylon che, come tutti i materiali utilizzati da Merz, rimandano a una profonda ricerca di qualità tattile, nonché una relazione con la sua fisicità, spesso ricercata in un contesto domestico come testimoniato anche dal video La Conta (1967) presente in mostra.
Shilpa Gupta (Mumbai, 1976) vive e lavora a Mumbai, in India ed è una delle artiste più importanti della sua generazione a livello internazionale, con presenze in molte delle più prestigiose manifestazioni e musei nel mondo, dalla Biennale di Venezia, alla Biennale di Gwangju fino alla Tate Modern e Serpentine Gallery di Londra. La sua pratica multidisciplinare, ampiamente rappresentata in visibileinvisibile, comprende un’ampia gamma di media e processi come il testo, la scultura, il video, la fotografia e il suono attraverso cui vengono esplorati i confini fisici del corpo e i limiti ideologici della storia. L’artista si interessa alla percezione umana e al modo in cui le informazioni, visibili o invisibili, vengono trasmesse e interiorizzate nella vita di tutti i giorni. Nel suo lavoro emergono temi quali le barriere di genere e di classe, le differenze religiose, il potere degli apparati statali repressivi e gli effetti negativi che questi producono.
I lavori di Shilpa Gupta in mostra – disegni, installazioni, sculture, proiezioni – interagiscono con il pubblico che partecipa attivamente, diventando parte integrante delle opere. È così in Shadow3, video installazione immersiva in cui il visitatore è coinvolto in un gioco di ombre sorprendente e mutevole. O in I Will Die, specchio coperto da un sipario che le persone devono aprire per scoprire il messaggio nascosto.
In 24:00:01, costituita da uno di quei segnali di vecchie stazioni ferroviarie che indicano gli orari dei treni, un flusso di pensieri dell’artista scorre tra concetti legati al vissuto personale e riflessioni che riguardano la vita sociale e politica dei cittadini. In Spoken Poems in A Bottle, Gupta racconta di poeti interdetti, esiliati e censurati, mentre in 100 Hand Drawn maps of Italy accende l’attenzione sui confini imposti dai poteri centrali nel tentativo di far prevalere la nazionalità sul multiculturalismo e di imporre il controllo sociale. In Map Tracing #9 – Italy, scultura creata per questa mostra, la sagoma dell’Italia è delineata da un sottile filo di rame e allude alla fragilità del concetto di nazione e alla sua natura di costrutto artificiale.
La relazione creata fra le opere delle due artiste nelle luminose sale di Palazzo Ardinghelli, nel cuore dell’Aquila, attiva percorsi che superano ogni limite e ogni confine e, dall’interno, si liberano verso altri spazi. Attraverso l’arte, il “vedere”, tradizionalmente privilegiato dalla cultura occidentale e il “sentire” in quella orientale, conducono a ripensare le categorie fondamentali su cui queste culture si fondano.