Matthias Bitzer, La Colère, 2020, acrylic on canvas, 102×83×5 cm Courtesy the artist and Francesca Minini

Le qualità essenziali della bellezza (e dell’arte)

Inaugurata il 22 settembre la mostra di Matthias Bitzer A little image-shrine for the roadside alla Galleria Francesca Minini di Milano. Accogliamo su Segnonline il testo critico di Jens Hoffmann che accompagna il catalogo.

Quando penso all’arte, penso alla bellezza. La bellezza è il mistero della vita. Non sta nell’occhio, ma nella mente. Nelle nostre menti risiede la consapevolezza della perfezione.
Agnes Martin

Che la “bellezza stia nell’occhio di chi guarda” è ormai diventato un luogo comune: afferma che la percezione della bellezza sarebbe qualcosa di assolutamente soggettivo. Eppure una caratteristica della bellezza su cui forse saremmo tutti d’accordo è che essa provoca una reazione di qualche genere in chiunque vi entri in contatto, si tratti di piacere, attrazione o serenità. Anche se il bello si può osservare anche in natura, questo breve abbozzo di riflessione si occupa soprattutto della bellezza creata dagli esseri umani, e nello specifico dell’esperienza estetica dell’arte.

È possibile considerare in modo oggettivo la bellezza nell’ambito dell’arte? Immaginare che esista di per se stessa, all’interno di un quadro, una scultura o una fotografia, a prescindere dall’esperienza personale del lavoro? Questa concezione risale a Platone, che formulò l’idea che la bellezza esistesse puramente nell’apparenza e nella struttura dell’arte, al di fuori dell’osservazione di un qualsiasi osservatore. Un altro pensiero sulla bellezza, che di nuovo sostiene che essa possa essere qualificata in modo oggettivo, viene da Aristotele, la cui visione della bellezza in arte era improntata a caratteristiche formali come la proporzione, la simmetria, l’equilibrio o l’ordine. Entrambe le concezioni si oppongono alla credenza che la bellezza stia nella mente dello spettatore e sia una questione di gusto personale.

Un altro sostegno a un approccio oggettivo alla comprensione della bellezza è il paradosso intrinseco dei giudizi soggettivi sul bello. Se è vero che la bellezza è definita da un processo emotivo della mente, allora si potrebbe dire che in sostanza è priva di significato, perché è una semplice questione di preferenza individuale. Le conclusioni soggettive su ciò che è bello e ciò che non lo è conducono su una china scivolosa in cui sentimenti e preferenze personali ostacolano e schiacciano un possibile accordo universale sulla bellezza.

Questo ci porta a un altro luogo comune che sentiamo spesso ripetere dai visitatori dei musei: “Questa sarebbe arte?” Una prospettiva postmoderna che per molti decenni ha dominato il nostro giudizio estetico può essere riassunta nell’idea abbastanza trita e banale che qualsiasi cosa possa essere arte. Se questo è vero, allora l’arte sfida ogni definizione.
Considerando le enormi quantità di arte prodotta, esposta e venduta, sembra come minimo appropriato cercare qualcosa di più concreto di questo atteggiamento in cui tutto vale e tentare di identificare caratteristiche e criteri specifici che ci permettano di pensare all’arte in termini universali. D’altra parte, non dovremmo nemmeno scordarci che in questo campo si applicano delle convenzioni. Un gruppo di presunti esperti—storici dell’arte, critici e curatori—determina quali opere dovremmo guardare e quali rappresentino uno spreco del nostro tempo e delle nostre forze. Perché un’opera d’arte sia riconosciuta come tale, deve possedere due qualità specifiche: deve confermare l’arte prodotta in passato e al tempo stesso deviarne per segnalare qualche cambiamento, novità o progresso che valga la pena considerare.

Alla luce di quanto detto sopra, passiamo alla questione di come si possa giudicare l’arte. Qualcuno potrebbe sostenere che un’opera dovrebbe essere giudicata senza essere influenzati da una prospettiva personale o emotiva. Eppure questa caligine privata è troppo spesso presente quando le persone si avvicinano all’arte, ed è veicolata da espressioni come “questo mi parla” o “so cosa mi piace.”

Come con la bellezza, per apprezzare l’arte fino in fondo potremmo avere bisogno di vederla come qualcosa di autosufficiente, non destinato a uno scopo preciso. Dovremmo sviluppare un atteggiamento estetico che sia basato non sul sentire la bellezza ma sul pensare la bellezza. Questo non solo ci aiuterà a capire e sperimentare la bellezza e l’arte in modo più partecipativo e complesso, ma ci consentirà anche di considerare in modo diverso il posto dell’arte in questo mondo.


Matthias Bitzer
A little image-shrine for the roadside
22 settembre – 7 novembre 2020

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