Design, pittura, scultura ed installazioni danno vita ad un dialogo in divenire, in costante relazione con lo spazio, un ex laboratorio di fine ‘800 dall’aspetto ancora grezzo e segnato dal passare del tempo. Le lampade “unserial” del duo di design Martinelli Venezia indagano la trasformazione di un prodotto di massa in un manufatto artigianale. La lampadina a bulbo, industriale ed ordinaria, si trasforma in un manufatto unico e singolare, frutto di differenti forme soffiate, satinate o rigate saldate tra loro in composizioni asimmetriche.
I dipinti in Blu di Prussia, colore dal composto ferroso, di Antonio Catelani, nascono blu ma con il passare del tempo e l’esposizione alla luce virano cromaticamente ossidandosi ed assumendo aree rossastre. Dello stesso autore, sembrano muoversi sulla parete due mani di ceramica nera, materializzazione di un disegno a silhouette della sua mano sinistra tramite il processo a calco.
I collage di Marianne Vierø ridefiniscono la texture della parete che occupano: con un gioco basato sulle forme geometriche e sui colori, l’artista crea pattern in cui l’irregolarità ed il dinamismo si acuisce gradualmente.
È il visitatore, poi, ad essere chiamato in gioco nel processo di trasformazione – questa volta nell’ambito del linguaggio – con l’opera di Dina Danish. Interponendosi tra il proiettore e il muro – che presenta la scritta a matita Here – ed andando a nascondere di conseguenza la proiezione della lettera “T”, diviene alteratore della parola There in Here, assumendo un differente significato.
Gli echi continuano a propagarsi nel percorso espositivo con le grandi tele di Filippo Cristini che, in un continuum naturale con i rami che si fanno strada nella parte alta dello spazio, lavora sul concetto di volontà di potenza ispirandosi al film di Herzog, Fitzcarraldo. Il rigore della tecnica pittorica e l’utilizzo di immagini della cultura visiva contemporanea – cinematografica in questo caso – come punto di partenza intendono generare un’immagine rarefatta, non definita né immediata, bensì uno spunto di riflessione sul clima visivo di oggi.
Per finire, l’ultimo riverbero che avvolge lo spettatore in una bolla più intima e riflessiva, e che è stato qualcosa a noi vicino per più di un anno durante la pandemia: la registrazione del silenzio di un teatro vuoto, che gradualmente si fa voce d’ambiente nell’opera di Michele Spanghero. Un lavoro del 2016, ma davvero attuale.
Altri echi
Antonio Catelani, Filippo Cristini, Dina Danish, Martinelli Venezia, Michele Spanghero, Marianne Vierø
dal 17 giugno al 24 settembre 2021
RITA URSO artopiagallery
via Lazzaro Papi, 2 – Milano
orario: dal lunedì al venerdì 11-19; sabato su appuntamento
info@artopiagallery.net – https://www.artopiagallery.net/
instagram: @ritaursoartopiagallery