Olafur Eliasson, The sun has no money, 2008. Courtesy Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Rivoli-Torino (ph. Francesco Doglio)

E luce fu. Giacomo Balla, Lucio Fontana, Olafur Eliasson, Renato Leotta

Quattro opere di quattro artisti creano uno spazio immersivo per un’esperienza unica presso l’ex chiesa di San Francesco a Cuneo ruotando attorno al tema della luce.

Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza

Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXIII

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Fondazione CRC presentano E luce fu, mostra che raccoglie quattro importanti opere incentrate sulla luce realizzate da Giacomo Balla, Olafur Eliasson, Lucio Fontana e Renato Leotta, appartenenti alle Collezioni del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Allestita presso il Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo, la mostra è parte del progetto di collaborazione volto a promuovere nel territorio cuneese la conoscenza di lavori di artisti di fama internazionale presentati dal Museo. 
La mostra è a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria, con la consulenza curatoriale di Marianna Vecellio per il progetto di Renato Leotta.

Proponendo un percorso immersivo e sensoriale, le opere degli artisti in mostra sono installate in relazione con gli spazi della Chiesa di San Francesco. Al centro della navata centrale della chiesa, i visitatori incontrano Feu d’artifice (Fuoco d’artificio), 1917, storica opera realizzata da Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma, 1958) durante gli anni di adesione al Futurismo. L’opera, che fu presentata per la prima volta il 30 aprile 1917 al Teatro Costanzi di Roma, consiste in un vero e proprio spettacolo teatrale nel quale Balla, sulle note di Igor’ Stravinskij e la regia del noto impresario dei Balletti russi Sergej Djagilev attiva uno scenario i cui protagonisti sono volumi geometrici luminosi. Forme piramidali e parallelepipedi appuntiti la cui struttura lignea è ricoperta di stoffe dipinte e colorate, essi hanno all’intero luci elettriche, ritmicamente azionate con inediti effetti di movimento e vitalità. Balla spiega che gli elementi rappresentano “gli stati d’animo dei fuochi artificiali” che la musica di Stravinskij gli aveva suggerito. Questo teatro di forme dall’architettura alogica, animato da continui giochi di luce, manifesta ampiamente il desiderio formulato nel 1915 da Balla insieme a Fortunato Depero nel manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo” di liberare l’arte nella vita, esaltando l’istinto ludico dell’uomo. Lo spettacolo dura soltanto tre minuti, in accordo con i principi di un teatro nato dall’intuizione e capace in pochi istanti di condensare molteplici situazioni e idee, come proclamato dal teorico del movimento futurista, Filippo Tommaso Marinetti. 
Gli elementi che compongono la scena di Feu d’artifice sono stati ricostruiti al Castello di Rivoli in occasione della mostraSipario, organizzata nel 1997 e dedicata allo stretto rapporto fra teatro e arti visive. La ricostruzione si è basata su approfondite ricerche, a partire dagli oltre venti fogli contenenti i progetti di ciascun elemento dello scenario, oggi conservati al Museo Teatrale alla Scala di Milano.

Con Ambiente Spaziale, 1967 (1981), la mostra offre la rara opportunità di esperire un importante lavoro di Lucio Fontana (Rosario di Santa Fe, Argentina, 1899 – Comabbio, Varese, 1968). II 5 febbraio 1949, Fontana allestì il suo primo Ambiente spaziale a luce nera, detto “Ambiente nero”, presso la Galleria del Naviglio di Milano, che venne illuminata con lampade di Wood, la “luce nera” che fa risaltare i colori fosforescenti con cui sono ricoperte alcune forme astratte pendenti dal soffitto. Questo stesso principio è articolato in modo diverso in Ambiente spaziale, oggi facente parte delle Collezioni del Castello di Rivoli: la luce di Wood rivela la doppia traiettoria lineare di circoli dipinti a colori fosforescenti. Lo spettatore, secondo le intenzioni dichiarate dall’artista, si trova nell’ambiente a tu per tu con se stesso: non è più chiamata in causa una percezione solo visiva, ma tutti i sensi concorrono a fare della percezione un’esperienza totale, psicologica e fisica. II lavoro ambientale di Fontana si pone come una prima realizzazione dei progetti enunciati nei manifesti del Movimento spazialista, che l’artista fonda a Milano nel 1947. “L’opera d’arte è eterna, ma non può essere immortale”, afferma il primo Manifesto dello Spazialismo. Perché sia immortale, l’arte deve svincolarsi dalla materia deperibile, e farsi puro gesto, pura idea, grazie al concorso di strumenti espressivi mutuati dalla tecnologia. L’Ambiente spaziale in collezione è stato realizzato per la mostra Lo spazio dell’immagine organizzata a Foligno nel 1967. Dopo la morte di Fontana, l’ambiente è stato ricostruito da Gino Marotta per essere esposto in occasione di altre mostre; l’esemplare posseduto dal Castello di Rivoli è l’unico non distrutto dopo l’esposizione, avvenuta a Rimini nel 1982. Esso è stato donato al Castello da Teresita Rasini Fontana, vedova dell’artista.

Lo spazio dell’abside è animato dai giochi di luci e ombre di The sun has no money (Il sole non ha soldi), 2008, di Olafur Eliasson (Copenaghen, 1967), artista che pone al centro della propria ricerca la soggettività di ciascuno dei visitatori e che sin dall’inizio del suo percorso indaga la luce quale tematica cruciale nell’ambito della conoscenza del reale. Eliasson si riferisce spesso ai suoi lavori come a “macchine”, intendendo che la vera opera d’arte è il prodotto dell’incontro tra gli oggetti fisicamente disposti nello spazio e l’unicità degli individui che li percepiscono. Nel caso dell’installazione in mostra, Eliasson utilizza due fari da teatro, puntandone i potenti fasci luminosi su due strutture fatte da anelli concentrici in materiale acrilico. Appesi al soffitto e azionati meccanicamente, gli anelli proiettano nello spazio espositivo molteplici ombre, producendo cerchi di luce colorata che disegnano forme inedite lungo le pareti dello spazio. L’effetto ottenuto rende l’ambiente avvolgente e lievemente ipnotico, trasformandolo in un luogo dove anche il trascorrere del tempo e la sua percezione diventano oggetto di numerose riflessioni riguardanti la luce e i suoi effetti. Come nel caso di tutte le sue opere, anche in The sun has no money Eliasson lascia visibili gli elementi meccanici ed elettrici che compongono l’installazione, invitando i visitatori a interrogarsi sulle modalità della percezione così ottenuta. L’opera, in comodato al Museo da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, è stata realizzata dall’artista per il Castello di Rivoli, in occasione della mostra 50 lune di Saturno, organizzata nel 2008.

Il percorso espositivo prosegue con Sole, 2019-2020, di Renato Leotta (Torino, 1982), installazione che si snoda attraverso l’intero ambiente della Chiesa. Sole consiste in vecchi fari di automobili dismesse installati per illuminare dettagli significativi dell’architettura e dell’impianto decorativo interno dell’edificio. A partire da una ricerca avviata nel 2019, Leotta recupera le luci di vari veicoli riconfigurandole quali agenti capaci di sostituirsi a tradizionali impianti di illuminazione. L’azione dell’artista trasforma i vecchi fari in dispositivi che danno luce a specifici dettagli di spazio altrimenti trascurati. In questo modo, Leotta s’interroga sui cambiamenti sociali avvenuti in più parti del territorio piemontese che, da centro legato all’industria fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, si è indirizzato verso la produzione della “cultura contemporanea dell’intrattenimento”, secondo le parole dell’artista. L’installazione è nata su commissione del Castello di Rivoli, inizialmente presentata a Venezia al Piedmont Pavilion nel 2019 e poi al Castello in occasione della mostra personale dell’artista.

Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, afferma “Nella cultura occidentale, la luce è da sempre simbolo di chiarezza e pura conoscenza, di quella suprema finezza del pensiero a cui ogni seguace di Platone dovrebbe aspirare. Ma qualcosa di irrazionale e libero si ritrova nell’esperienza dell’abbaglio vissuto invece durante l’estasi, parte anch’essa della nostra cultura e descritta minuziosamente da Dante nell’ultimo canto del Paradiso e successivamente anche da alcune sante, come Teresa d’Avila (1515-1582) nei suoi diari. Oggi, la luce dello schermo dei nostri cellulari e computer ci abbaglia in senso lontano sia dalla chiarezza del pensiero, sia dall’estasi. Attraverso una mostra di opere d’arte realizzate con la pura luce come materia, riflettiamo sul mondo reale, avvolti dai raggi elettromagnetici”.

“Grazie alla collaborazione con il Castello di Rivoli, la Fondazione CRC propone un nuovo appuntamento artistico di altissimo livello: un evento di vera divulgazione culturale che porta a Cuneo opere non solo di artisti conosciuti in tutto il mondo, come Giacomo Balla e Lucio Fontana, ma anche di firme meno note al grande pubblico e di grande interesse, come Eliasson e Leotta – commenta il Presidente della Fondazione CRC, Giandomenico Genta –. Il tema della luce, al centro anche di una nuova mostra che inaugureremo a fine novembre, è particolarmente significativo per il periodo storico che stiamo vivendo ed emergerà in maniera potente grazie all’allestimento studiato appositamente per l’ex chiesa di San Francesco”.

Giacomo Balla, Feu d’artifice, 1917, 550 x 500 x 550 cm, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Lucio Fontana, Ambiente Spaziale, 1967 (1981), 300 x 500 x 300 cm, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Renato Leotta, Sole, 2019-2020, installazione nell’ex chiesa di San Francesco (Cuneo)

A cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria
24 ottobre 2020 – 14 febbraio 2021
Visite inaugurali: 24 ottobre 2020, ore 10.30, 11.30, 15.30 e 16.30, prenotazioni obbligatorie su www.fondazionecrc.it
Complesso Monumentale di San Francesco – Via Santa Maria 10, Cuneo