
Valentina De’Mathà, Roger Weiss | Tutti i presenti che non sono mai esistiti
Tutti i presenti che non sono mai esistiti nasce da un dialogo tra le ricerche dell’artista italo-svizzera Valentina De’Mathà e dell’artista svizzero Roger Weiss sul concetto di identità, di memoria, di percezione della realtà e del presente.
Gli spazi della StadtGalerie Brixen vengono reinterpretati come un abitare metaforico, dove il percorso espositivo si sviluppa attraverso diversi gradi di intimità.
La peculiare architettura della galleria – suddivisa in tre ambienti – viene delimitata ulteriormente attraverso una dualità cromatica nelle due sale principali comunicanti, entrambe con ingresso indipendente: in una le pareti sono antracite, nell’altra bianche. La fruizione della mostra viene percepita in modo completamente differente in base all’ingresso da cui si decide di entrare creando due possibili letture del racconto.
Nell’area espositiva con le pareti antracite, Roger Weiss mette in atto tre video installazioni della serie “Cronotopi domestici: l’archeologia del quotidiano”, in cui un’intelligenza artificiale sviluppata specificamente per questa serie da Brandcraft.it, interviene in due modi: manipola la linearità temporale dei video e altera le azioni quotidiane documentate eliminando alcuni oggetti mediatori: una persona che pulisce un tappeto senza aspirapolvere, una coppia che mangia senza l’ausilio delle posate, e due mani nell’atto di lavare i piatti in un lavandino. Queste opere indagano come gli schemi mentali e l’automatismo dei gesti quotidiani possano oscurare la ricchezza dell’esperienza presente.
Valentina De’Mathà espone a parete una selezione di sette opere realizzate con RA-4 e incisioni su poliesteri emulsionati trasparenti 200×127 cm tratte dalla serie “Se puoi guardare fuori, gli altri possono guardare all’interno”. Queste opere analizzano la frammentazione e scomposizione della percezione che si ha di sé stessi e che gli altri hanno di noi. Un lavoro che fonda le radici su quesiti psicologici e filosofici/culturali. Queste opere sembrano vetri riflettenti frantumati che scompongono la nostra immagine/identità che muta in continuazione allo sguardo dell’Altro. Se pensiamo a quando camminiamo per strada, ad esempio, la nostra figura si moltiplica e scompone specchiandosi ovunque: nelle vetrine dei negozi, nei finestrini delle auto che passano, nei diversi punti di vista dello sguardo degli sconosciuti. Ovunque ci sono occhi che ci guardano e ognuno vede cose di noi sempre diverse, continue sfaccettature e tasselli della nostra personalità. Ma rimandano anche agli schermi luminosi degli smartphone con cui siamo abituati a comunicare nella società contemporanea. Il frantumare di questi schermi sta a indicare la volontà di far cadere quel Velo di Maya secondo la visione di Schopenhauer, che si frantuma andando alla ricerca di una realtà più profonda. La scelta di porre queste opere su pareti grigie sta a significare la volontà di capovolgerne il significato, alla ricerca di un’intimità e introspezione più profonda e non solo apparente. È la volontà di spegnere certe luci che ci abbagliano e invitarci a fare più autoanalisi.
Nell’area espositiva con le pareti bianche i due artisti hanno deciso di mettere in atto un “giardino” metaforico. Al centro della sala Roger Weiss presenta “Cyclical Time”, un’opera video proiettata su pavimento che mostra un uomo e una donna che attraversano una piscina su cui si riflette un bosco di confine tra due nazioni. I cerchi concentrici generati dal passaggio dei corpi frammentano e ricompongono ciclicamente l’immagine, evocando la natura ciclica del tempo e delle relazioni. L’installazione è circondata da un prato erboso che richiede allo spettatore un coinvolgimento fisico diretto per avvicinarsi all’opera.
Sulle pareti bianche che circondano l’installazione video, Valentina De’Mathà presenta una selezione di quattro opere 160×106 cm della serie “Four Seasons” realizzate anch’esse in camera oscura attraverso procedimenti chimici sperimentali su carta emulsionata. Questa selezione di opere parla anch’essa della fluidità che intercorre tra un passaggio e un altro, sui margini sfumati e sovrapposti tra ciò che finisce e ciò che ne deriva nella ciclicità degli eventi. L’uomo con il suo stare nel mondo e farne parte, lo relativizza e trasforma costantemente. La lucentezza delle carte fa sì che lo spettatore possa sommarsi all’opera che riflette l’ambiente circostante, così come si somma al mondo, creando sempre nuove possibilità: dinamiche realtà imprevedibili che variano nel loro ripetersi.
La sala più piccola, che rappresenta la zona più intima della casa, ospita quattro video proiezioni di Roger Weiss che completano la serie “Cronotopi domestici” con scene legate all’intimità di una sala da bagno: una donna dentro una vasca, un water, un bidet e un lavandino che documentano rituali quotidiani. In dialogo con queste opere, Valentina De’Mathà presenta un trittico su poliestere emulsionato che simula un paesaggio che si estende oltre la finestra. Il rapporto tra il Sé (Selbst) e l’Altro. La mostra crea così un’esperienza immersiva dove il visitatore è invitato a esplorare diversi livelli di intimità e percezione.
Le opere dei due artisti, che mantengono le loro specificità tecniche e concettuali, creano una visione dialettica attraverso riflessioni sulla memoria e sulla temporalità (ciclica e stratificata), la trasformazione della percezione quotidiana, la tensione tra materiale e immateriale, tra rappresentazione dei fatti e analisi psicologica culturale; dove il familiare e lo straordinario si fondono, dove il personale diventa universale, e dove lo spettatore è invitato a riscoprire una forma di consapevolezza che permette di riconnettersi con la ricchezza del presente.
La modulazione temporale dei video di Roger Weiss, genera naturalmente un’alterazione del suono, creando un paesaggio sonoro surreale che amplifica il senso di straniamento. La somma dei suoni provenienti dalle diverse opere e angolazioni, compone una ‘musica del quotidiano’, che amplifica la percezione della mostra.