Giuseppe Di Lorenzo torna nella città di Milano dopo qualche anno di assenza – di cui conserva stima e ricordi, e che lo ha visto protagonista negli anni di formazione di partecipazione alla vita culturale milanese degli anni 70 e 80 – quale protagonista di una grande mostra con una ricerca elaborata nell’ultimo decennio.
Per questa mostra, l’artista ha presentato ventidue grandi carte, di cui un modulo composto da dodici carte, oltre a quattro sculture in ceramica al centro dello spazio della galleria che dialogano perfettamente con l’inconfondibile pittura materica fatta di segni e simboli come in una composizione sinfonica ben orchestrata.
In questi particolari fogli, l’autore, pur spaziando attraverso discipline e materiali diversi, conferma la sua precisa riconoscibilità grazie al costante utilizzo del suo gesto pittorico diretto e di forte impatto contaminato nei vari risvolti della sua lunga ricerca.
I lavori, bene assemblati, diventano un corpo e insieme viaggi intimi e mentali. Frammenti di paesaggi non visibili a occhio nudo, ricostruzioni dell’oggetto primordiale dove si ritrovano staccati da una naturale prospettiva. Sulle pitture si nota un equilibrio ben bilanciato dai cromatismi di nero e rosso e marrone terra bruciata nelle sue molteplici sfumature che determinano in gran parte la mappatura di tutto il lavoro, intense pennellate brillante di blu, rosso e giallo, che quasi si perdono nel materico; mentre nelle sculture in ceramica si denota un segno ancora più marcato dato dalla tridimensionalità e dalla materia utilizzata per le opere dove si scorgono alcune immagini significative e subliminali: linee tratteggiate in orizzontale, una scaletta posta nella parte alta delle sculture a forma di vaso con un significante che rimanda all’idea di un grande grembo materno che accoglie la vita.
Dice Andrej Tarkovskij “Per mezzo dell’arte l’uomo si appropria della realtà attraverso un’esperienza soggettiva (…) Si presenta come una rivelazione, un desiderio appassionato e improvviso di afferrare intuitivamente, tutte in una volta, le leggi del mondo: la sua bellezza e il suo orrore, la sua umanità e la sua ferocia, la sua infinità e la sua limitatezza”.



Il lavoro di Di Lorenzo va verso un costante rinnovamento. Grazie a intelligenti stratagemmi informale, materia pittorica, segni, sono sempre tesi a combinare il fare manuale con la sua interiorità, con una capacità pratica di un processo di ricostruzione a carico di rimandi ed allusioni primordiali di archetipi.
Un lavoro quello di Giuseppe Di Lorenzo che scandaglia bene gli archetipi. L’artista, che sa abitare il tempo senza luogo dove tracciare un percorso altro, analizza meticolosamente la sua costante certa di un tempo che trascorre e ne ricostruisce e ne percepisce tutte le sue problematiche tra Inquietudine e assenza, piacere e monotonia, noia e disfacimento analizzando i processi culturali evolutivi tra l’oggetto e l’archetipo dove tutto inizia.
Chiarire il significato di questa dimensione esistenziale implica perciò l’allontanamento dagli aspetti fenomenologici, per avvicinarsi all’aspetto centrale, quello comune e sotteso ad ogni forma di produzione.
Il lavoro Archetipi sonori è per l’artista uno sguardo su quelle tracce dimenticate, un viaggio mentale di cose visibili e invisibili in un’epoca drammatica dove Di Lorenzo si sofferma a riflettere tra “essere ed esistere”, il suo lavoro diventa una ricerca di grande attualità, molto complessa da affrontare, su cui pone continuamente attenzione.