PetriccaFlavio Tiberio Petricca, Scavando, 2020. 50x 40x 14cm, mix Pongo su cassa

Luogo

Galleria Fidia
via Angelo Brunetti, 49 - Roma

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Data

Ott 30 2020
Evento passato

Ora

12:00 - 18:00

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The Tangible of Visual Thoughts

“La mia fonte d’ispirazione è la mia più grande paura: la cecità. Per questo imparo le cose toccandole, creandole, dando loro superfici e forme da scoprire e conoscere.”

Alla Galleria Fidia di Roma, a partire dal 30 Ottobre 2020, Flavio Tiberio Petricca in mostra con “Materia ed Estasi”. Come la materia muta, assumendo diverse e varie forme che, a loro volta, muteranno in altre diverse e svariate forme, così l’Artista e la sua Arte sono in continua trasformazione.

Quella percorsa da Flavio Tiberio Petricca è una strada in cui ogni obiettivo raggiunto rappresenta il punto di partenza per una nuova sfida: l’ossessione estetica delle superfici e la loro decodifica mediante l’esperienza tattile rappresentano per l’artista la spinta a sperimentare, scoprire e plasmare nuove forme di espressione e l’occasione per interagire con il pubblico nel tentativo di generare emozioni sempre inaspettate attraverso la stimolazione dei diversi canali sensoriali.

L’opera è un qualcosa che Petricca porta dentro di sé, radicata in profondità: “per riuscire a vederla devo lavorarla con le mie mani. Poi posso vederla, guardarla e capire: le do un nome, un valore e finalmente la ricongiungo a un sentimento, a un’emozione, a una parola che prima non sapevo esistesse.”

Tramite l’utilizzo di materiali di natura edile e industriale, come dacron e poliuretano, resine e smalti, ma soprattutto silicone, approdando infine al pongo, Petricca abbraccia nuovi orizzonti di ricerca, sviluppa forme e immagini, plasma nuovi e diversi significati, ma tutti riconducibili sempre a un qualcosa di fisicamente tangibile e di statuaria plasticità.

Il valore tattile dell’opera d’arte rappresenta il fil rouge del suo discorso artistico, lungo il quale si snoda tutto quanto il suo lavoro e da cui muove la sua continua e spasmodica ricerca di una diretta connessione tra lo spirito di un’idea e il peso specifico della stessa, in rapporto anche alla sua specificità e organicità, con l’intento di rendere tangibile, attraverso la duttilità della materia, ciò che altrimenti lo sarebbe solo agli occhi.

È la materia che si erge a mediatore tra il fruitore e il preciso messaggio espressivo dell’artista, che dell’arte riscopre il suo essere oggettuale.

Quella di modellare rappresenta l’azione creatrice di Petricca che, richiamando un concetto intrinsecamente poetico, è costantemente impegnato in un faticoso e morboso labor limae che va oltre la capillare e meticolosa ricerca della pura perfezione estetica fine a se stessa: il suo è un continuo sforzo tecnico verso l’accuratezza formale della materia plasmata di pregnanti significati poetici e oggettivi.

La maestosa corposità tattile dei lavori di Petricca restituisce delle nuvole le proteiformi figure che la fantasia del vento fa assumere loro, del mare l’increspatura delle onde che la brezza solleva al suo passaggio e dei fiori la sensuale tavolozza di colori con cui la luce scolpisce i loro petali.

Perché la sintesi esperienziale tra il tangibile solo alla vista e il percettibile al tatto passa anche attraverso i forti contrasti di luce e ombra e la vivida plasticità tattile del colore che al tocco risulterà di una diversa porosità nelle zone di luce rispetto alle zone in ombra, così da rendere il travolgente gioco di luci ed ombre un’esperienza vivibile anche attraverso il tatto e non più solo attraverso gli occhi.

Tatto e vista sono due canali percettivi differenti, caratterizzati da aspetti non paragonabili, ma accomunati da uno stesso fine: l’esperienza estetica, la conoscenza diretta dell’opera d’arte.

La lettura tattile di un’opera d’arte, infatti, permette di avvicinarci ad essa in modo quanto mai completo: i polpastrelli delle dita delle mani scansionano lentamente e minuziosamente la superficie dell’opera, cosicché dell’immagine tattile se ne scopra dapprima i particolari e solo successivamente, con l’allargarsi del campo di esplorazione, la sua grandiosa interezza.

La squisita e monumentale bellezza estetica dell’opera pare che nasca proprio sotto le mani ed è proprio attraverso questo personale approccio fisico, edonistico, con l’opera che si riesce a raccogliere il messaggio contenuto nella materia plasmata e lavorata dalle mani dell’artista. 

Il colore poi, così lucente, intenso, vivido e sensuale, materia sovrapposta a materia, favorisce il piacere tattile che scaturisce dal contatto diretto con l’opera, perché la conoscenza dell’arte plastica di Petricca non è piena se la visione non è completata dal tatto.

Si scopre l’opera intesa come entità fisica, al cui interno sono racchiusi il sentimento, la passione, le angosce e le paure dell’artista.

L’esplorazione tattile deve, per forza di cose, esser condotta fisicamente, con il fruitore posto di fronte l’opera: si stabilisce così un profondo rapporto empatico con l’opera e con la sua materia.

La consistenza, la temperatura e il tipo di superficie, un particolare odore, un suono emesso magari dai materiali utilizzati per creare l’opera influiscono certamente sull’esperienza sensoriale ed estetica: essi sono tutti quanti fattori determinanti al fine di creare l’immagine tattile che, immersa in un sapiente gioco di luci ed ombre, permetterà al pubblico di vivere una sinestetica esperienza sensoriale.

La materia si vede, si sente, si tocca, vive proprio come materia, sia quando è brillante, sia quando è opaca, porosa o compatta. E la sua duttilità agevola gli scavi, i vortici d’ombra e la sensualità della forma.

L’opera nasce allora come una nuova creatura da un oscuro grembo, dalla materia, a cui le mani dell’artista conferiscono il respiro della Vita che, nel momento in cui viene vissuta, permette alla coscienza di fare esperienza di sé, cosicché l’opera d’arte diviene la massima rappresentazione e oggettivazione di noi stessi.

Dalla materia si districano figure che danno l’avvio non solo ad un’immagine tattile di natura, ma anche ad un ricco tessuto plastico di significati più profondi che si configurano quali elementi cardine di un universale racconto introspettivo.

E da grande narratore in forme plastiche, Petricca non perde mai il senso del racconto: opere materiche e policrome, immagini semplici e comprensibili, sapienti giochi di luci ed ombre, sogni della materia, pensieri fusi in silicone e pongo cromatico, angosce e paure inconsce che affiorano dalla duttile materia scavata.

Così, l’atto dello scavare diviene il medium più adatto a cristallizzare un momento di vita esperito, un pensiero, un sentimento e mostra la naturale inclinazione dell’artista verso un lavoro volto a scandagliare i più reconditi recessi della materia alla ricerca di quell’emozione che ci porta alla conoscenza e alla vera consapevolezza di noi stessi.

La ricerca del profondo nella materia scavata permette di far emergere l’intima potenzialità dei mezzi visibili dell’arte di esprimere l’invisibile, ovvero la capacità che essi hanno di toccare e far risuonare le corde dell’Io profondo.

I colori, poi, vengono investiti da un particolare tipo di soggettività e considerati non più in quanto identificativi di un oggetto, ma in quanto colori del niente, restituiti alla loro semplice e sensuale apparenza di colori.

Ed ecco che in ultimo, l’opera d’arte diviene manifestazione visibile di una realtà invisibile, del pathos e delle infinite tonalità della Vita.