
SCHNABEL-CLEMENTE-HALLEY
The Pool NYC presenta SCHNABEL-CLEMENTE-HALLEY, una serie di lavori dal 1986 al 2010, a Palazzo Fagnani Ronzoni, a Milano. Una mostra che riunisce tre figure cruciali della New York dei nostri tempi. I tre artisti sono nati a un anno di distanza l’uno dall’altro e sono cresciuti professionalmente a New York. Simili, diversi, distanti e molto vicini, sono senza dubbio tra i maggiori rappresentanti della scena Artistica Contemporanea.
“New York è pericolosa, eversiva, traviante, erotica, sporchissima, caotica ed estremamente artistica. C’è odore di marijuana già su Houston Street, ed aumenta più che si scende ad Est.
SoHo, NoHo, ABC, il Lower East Side sono zone da evitare, perché rapine, malavita, armi e droga fanno da sfondo. Proprio allo scoccare dei ruggenti anni ’80, con il suddetto milieu, tre artisti che hanno poco in comune, sia come educazione, che come provenienza, respirano l’energia contagiosa di quella che è l’unica vera City del mondo occidentale. I Love NY, but NY doesn’t love you recita un detto newyorchese; ed è proprio così, tutto quello che fai avviene perché te lo sei conquistato. Nell’aria c’è voglia d’arte da sempre, desiderio di pittura e colore, esuberanza. Basta Minimal, basta Conceptual Art: che tornino le figure, le linee decise e i colori accesi.”
“Julian Schnabel è un fuori classe di Brooklyn, e prima che girasse sempre in pigiama e con l’occhiale giallo, faceva il cuoco. Poi studia Arte a Houston e i suoi lavori diventano carichi di gestualità anche mediterranea, sono frammenti di pensieri e luoghi che ha visto e vissuto: dall’Italia alla Spagna.
Una pittura veloce, sensuale, arricchita di oggetti trouvés.
Da Napoli, senza aver concluso la facoltà di Architettura, sbarca a NY un altro genio: Francesco Clemente. Occhi blu, grandi, profondi, come quelli di tutti i protagonisti dei suoi dipinti. Parlata lenta, paragoni tra l’estensione di Napoli e quella di New York; interessi forti lo spingono ad indagare spiritualità e anima dell’essere umano. Soggiorna in India sovente e la porta in tutta la sua pittura, ad acquerello e ad olio. La figura umana al centro, forse un po’ distorta, da un altro punto di vista, ma con lo sguardo deciso verso lo spettatore. Non ci sono dubbi, la determinazione pittorica dell’artista sfida musei e pubblico di ogni sorta.
Il professor Peter Halley è di New York e ha seguito il classico percorso per diventare uno degli artisti migliori della scena americana e un grande insegnante.
La figura umana non si vede, ma i dipinti di Halley sono tutti dedicati alla società e agli esseri umani che la compongono. La sua opera d’arte si addentra nelle strutture fisiche e psicologiche dello spazio sociale, collegando l’intricato linguaggio dell’astrazione geometrica, sostenuto da artisti come Barnett Newman ed Ellsworth Kelly, con la realtà degli ambienti urbani e dell’era digitale. Cellule e celle, la trasposizione in arte del modello della società contemporanea. Halley si propone di collegare il linguaggio dell’astrazione geometrica allo spazio reale che vede intorno a sé. Lo fa con colori brillanti, fluo, artificiali, linee che si incontrano, e l’unione di diverse tele che formano il dipinto.”