Nicola Samorì
Il 3 dicembre inaugurerà presso la Galleria San Fedele e il Museo San Fedele. Itinerari di arte e fede di Milano la personale di Nicola Samorì, tra i maggiori artisti italiani, nato nel 1977 a Forlì e diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Così racconta il progetto espositivo il curatore della mostra Dall’Asta Andrea SJ: “Nella storia dell’Occidente, da sempre la ferita ha costituito un leitmotiv in grado di accomunare arte, musica, letteratura, sociologia… Parlare di squarcio significa sondare le più profonde dimensioni del corpo, del dolore, del limite, aspetti che se da un lato rifuggiamo, dall’altro riemergono nelle nostre vite con forza e insistenza, a iniziare dal momento stesso in cui nasciamo. Di fatto, tra mito e storia, sacro e profano, la ferita è un archetipo che affiora come elemento ineliminabile della vita umana. Non solo, dalla ferita nasce la bellezza. È interessante ricordare come nella mitologia greca, Venere, la dea della bellezza e dell’amore, nasca da un gesto di violenza, dall’evirazione di Urano da parte del figlio Cronos.
Il titolo della mostra di Nicola Samorì Intra vulnera tua è parte di un versetto della preghiera di origine medioevale dell’Anima Christi: «Intra vulnera tua absconde me». Il fedele entra in comunione con Cristo, entrando nelle piaghe del suo corpo. L’esposizione presso la Galleria San Fedele, in cui sono presentati una ventina di lavori tra dipinti e sculture, sono una riflessione sulla ferita. Con una tecnica straordinaria l’artista crea un’immagine dalla grande potenza espressiva riprendendo la tradizione antica. In seguito, la ferisce con tagli, graffi, bruciature, buchi. Attraverso quelle stranianti aggressioni sulla materia, avvertiamo un forte senso d’instabilità, dramma, inquietudine. Le immagini sono “ferite”. In una dialettica costante tra tremens et fascinans, vita e morte, quei lavori fanno emergere la fragilità, la vulnerabilità stessa della condizione umana. È come se Samorì ci dicesse che entriamo nella vita degli altri attraverso la loro sofferenza, le loro piaghe. In questo senso, è emblematico il dipinto Macello: alcuni fiori appassiti in un vaso di vetro si stagliano su di un fondo ocra. Nella perturbante bellezza ferita di quei fiori, entriamo nel loro dolore. In quel taglio che li ha recisi, si coglie il grido del mondo.
Per la chiesa di San Fedele, Nicola Samorì realizza una piccola tavola lignea dipinta che sarà collocata in un confessionale cinquecentesco. La formella scolpita dai fratelli Taurino fu infatti rubata alcuni anni fa e non è mai stata ritrovata. È la scena di Cristo alla colonna. È un bellissimo trompe l’oeil che si presenta come se fosse una vera e propria scultura che ripete le forme di quella antica. La tavola mostra tuttavia una caratteristica del tutto peculiare. Al suo centro c’è un vuoto naturale del legno che si squarcia, come se la ferita del costato di Cristo si aprisse fino a diventare corpo. Quel vuoto si fa corpo di Cristo piagato. In quel corpo, Intra vulnera tua, siamo chiamati a entrare per accogliere il segreto stesso della vita.