
Miho Tanaka | Into the Din
Nella molteplicità che definisce la società delle immagini nella quale “abitiamo”, Miho Tanaka propone un nesso di relazioni culturali attraverso i modi in cui vediamo, percepiamo e interagiamo con la materia e con gli artefatti nel mondo contemporaneo. Il titolo della mostra fa riferimento al rapporto dell’individuo con lo spazio ed il contrasto tra i ritmi intimi e quelli dell’ambiente. Le opere sono il risultato di un processo di trasformazione del valore ontologico di elementi quotidiani e familiari che presentano analogie sia d’uso sia di significato in entrambe le latitudini cioè quella di appartenenza dell’artista, il Giappone e, quella di adozione, l’Italia, nonostante la lontananza. I lavori in mostra puntano anche a travolgere l’identità delle cose, dunque, il ruolo e i luoghi che esse occupano in un determinato sistema culturale e come essi trovano punti di incontro e incrocio nell’immaginario collettivo.
Sulla poetica e sulla praxis dell’artista scrive Marta Ferrara: «Miho lavora la pietra, la affronta e la plasma. Ne gestisce con maestria le forme, ora rigide, ora morbide. Vive a Napoli da cinque anni, attraversandone il frastuono e adottando uno stile di vita in cui la produttività non è tutto, tutto, tutto. A Napoli, Miho si muove con passo quieto. Osserva molto, parla poco. Ha trovato un equilibrio, sempre precario e fatto di tanti ostacoli, in questa città piena di curve, suoni e contraddizioni: è molto distante da una precisione e da un ordine da cui sembra quasi essere fuggita».
La stessa critica approfondisce la scelta del titolo indicando che «Into the din è allora il modo di stare dentro il rumore senza farsene travolgere. Una soglia, più che un manifesto. Una pratica che lega discrezione e presenza. Un modo di essere che riguarda la produzione artistica di Miho qui in Italia. Miho tesse. Senza telaio, senza ago, intreccia pietra e carta, fili e frammenti. I suoi gesti e i suoi percorsi non sono mai del tutto lineari: si muovono in avanti e poi tornano indietro, si annodano al tempo, lo scrivono in diagonale. C’è un filo bianco che attraversa le sue opere. A volte è reale, un cotone teso che avvolge, protegge, copre, come nella serie About objects (2021-2025). Sculture in cui elementi urbani, trovati e raccolti, vengono ammantati da un chiaro ordito caotico: sanpietrini, frammenti di colonne, pietre pesanti diventano superfici leggere. Un modo per l’artista di conoscere gli oggetti nella loro forma, peso, consistenza, celandoli però a chi li guarda attraverso tessitura e ricamo […]. Le opere della serie Westscape (2021-2025), invece, appaiono come frammenti preziosi – sculture composte da pietre dure incastonate con cocci di ceramica raccolti per strada, sulle spiagge e in campagna, come mappe intuitive di città interiori – trovate nei viaggi e nelle esplorazioni del nostro paesaggio occidentale. Tra un’osservazione e l’altra, Miho mi racconta dei pavimenti in legno delle case nipponiche, quelli sui quali gli oggetti non si rompono ma rimbalzano. Dopo aver raccolto un frammento, inizia la ricerca della pietra in cui incastonarlo. Questa viene scelta per assonanza o dissonanza cromatica e di forma e per la preziosità a essa associata dai suoi utilizzi nei nostri monumenti. Il frammento diviene gioiello, lo scarto assume valore estetico e la ceramica rotta torna ad avere funzione e proprietà quasi talismanica. Nei Westscapes. One Side (2024-2025), questi stessi frammenti divengono composizioni pittoriche, costellazioni di memoria e territorio».
Per il Napoli Gallery Weekend Miho ha preparato un’installazione temporanea intitolata «Untie (2025), composta da coriandoli in terracotta bianca legati con filo rosso. Ogni piccolo pezzo può essere staccato, portato via. In cambio, si può lasciare un pensiero, un desiderio, una parola scritta su carta: un gesto che richiama l’omikuji (御御籤), la pratica giapponese degli oracoli scritti, appesi ai rami nei templi per evitare che la sfortuna segua chi li ha ricevuti. I coriandoli si legano per liberarsi, e si sciolgono per lasciare andare. Come nella parola giapponese antai (安泰): tranquillo, senza preoccupazioni, stabile. Ma anche: sciogliere, slegare, risolvere» (M. Ferrara).