
Luigi Mainolfi | Etna
La ricerca di Luigi Mainolfi, da oltre quattro decenni, traccia un percorso delineando una riflessione sui fondamenti e le complessità della pratica scultorea, sulle sue implicazioni profonde e la sua urgenza. Urgenza che si manifesta senza il bisogno di rigidità disciplinari o posture austere.
Una traiettoria, quella di Mainolfi, messa chiaramente in evidenza dalle opere presentate in questa personale alla Galleria De’ Foscherari, a partire da quella che dà il titolo alla mostra. Etna– polittico in terracotta realizzato lo scorso anno – è il tassello più recente di una ricerca sul tema del paesaggio che va avanti ormai da diversi anni, sempre in divenire e mai davvero conclusa. Riflettere sul paesaggio, per l’artista, ha poco a che vedere con questioni stilistiche o tematiche ed è cruciale, invece, per almeno altre due ragioni. La prima – e forse la più importante – consiste nell’intenzione di considerare la natura non come un mero oggetto del nostro sguardo o delle nostre azioni, ma come organismo vitale.
Una seconda ragione di questo interesse dell’artista per i paesaggi è data dalla possibilità di realizzare sculture fortemente “pittoriche”. Etna è esempio molto efficace, con la sua struttura che rievoca chiaramente quella del quadro, anzitutto nella composizione di pattern – di quel rosso oramai cifra del lavoro dell’artista – disseminati sulla superficie anche in senso verticale. Non si tratta, però, di pensare la scultura come se fosse pittura o viceversa. L’intenzione alla radice del lavoro è molto più complessa e mira a un’ibridazione sostanziale di questi due mondi, tutta racchiusa in una formula paradossale, ma densa di senso, che Mainolfi è solito utilizzare in merito: «Forma della pittura, colore della scultura». Dunque, la materia plasmata, in sé pulsante, si traduce in immagine come superficie magmatica che ci invita a una visione ravvicinata.
In questo senso, l’importanza dell’utilizzo della terracotta per l’artista si conferma in altre due opere in mostra. Gli oggetti disposti in vetrina, di piccole dimensioni e forme tondeggianti e oblunghe, sembrano far parte di un singolare universo vegetale. Difficile, tuttavia, definirli meri oggetti: sulla superficie di alcuni l’artista ha lasciato segni di porticine e piccole finestre, a indicare la possibilità di ipotetici agglomerati viventi, di metaforiche città sorte dalla terracotta.
L’arte, allora, è via d’accesso per la creazione immaginativa di mondi e, così, anche di ipotetici abitanti. Come Apesse, figura dell’immenso bestiario ideato nel corso degli anni dall’artista: scultura in bronzo dalle forme a un tempo rigide e sinuose, ibrido vagamente elefantesco dall’incerta fisionomia. La si potrebbe definire una scultura figurativa, ma è sbagliato ridurla a una connotazione meramente descrittiva. Forse, pensando a Deleuze, vale la pena di utilizzare il termine “figurale” per indicare le forme vive di quest’immagine che sembra instabile, pur ben piantata a terra, e, potenzialmente, in grado di dare la sensazione di mutare e di convergere verso quella perfetta sfericità in cui, dice l’artista, tutto si trasforma.
LUIGI MAINOLFI – ETNA
SABATO 26 MARZO ORE 16.00
26 MARZO – 30 GIUGNO 2022
Galleria de’ Foscherari
Via Castiglione 2/b – Bologna