Collezione
Le opere esposte nella mostra “Collezione” rappresentano alcuni importanti riferimenti nel programma della Galleria Raucci/Santamaria di Napoli. Opere legate a nomi che appartengono ad un programma che non intende escludere tutti gli altri artisti che hanno accompagnato il percorso espositivo della galleria fin dal 1992. Artisti che hanno esposto nella sede napoletana in tempi in cui alcuni nomi rappresentavano un nucleo esordiente nel panorama dell’arte contemporanea. Lavori scelti per ragioni specifiche e all’interno di un progetto espositivo che via via si sta determinando nella odierna sede milanese dell’attuale Raucci/Santamaria Studio Project. Non scevro da input che hanno sempre considerato nomi poco noti, ma legati alla storia dell’arte contemporanea, in congiunzione con altri esordienti. La ricerca è sempre stato uno dei motivi per cui il lavoro della galleria si è contraddistinto e a tutt’oggi rimane la base permeante di ciò che in divenire si sta delineando. Opere che non hanno bisogno di ulteriori commenti se non quelli che esse rappresentano nel loro intento comunicativo, implicito nella loro descrizione:
Maurizio Cattelan “Tarzan & Jane” 1993 – synthetic fabric, papier-mâché, latex, acrylic paint – variable dimensions. Lavoro realizzato per l’omonima mostra in cui l’artista ha richiesto di indossare ai galleristi dei costumi da leoni nella galleria, completamente vuota, per la durata di circa 30 giorni. La mostra, con effetti contrastanti e spaesanti per i visitatori, rappresenta uno dei punti cardini del lavoro di Cattelan che ha sempre incentrato parte fondamentale del suo lavoro sui protocolli di comunicazione. Lavori che includono un effetto sorpresa, per lo più irriverente, che diventano conclusi nel racconto degli spettatori.
Mat Collishaw “Insecticide” (N° 38) 2012 – C-print, Sapele wood frame.
182.9 x182.9 cm – edition of 3 + 2AP. Questa opera, realizzata in occasione della personale dell’artista presso la Fondazione Pino Pascali, analizza ed esplora temi di bellezza e distruzione. Insecticide è una serie di lavori iniziati nel 2006 che hanno avuto origine con la nascita di suo figlio dopo che il suo appartamento dovette essere ripulito da un’infestazione di insetti. L’artista ha raccolto i resti di questi insetti dal pavimento, li ha schiacciati tra diapositive da 35 mm e ha iniziato a proiettarli su un muro. Il dettaglio microscopico di ciascun insetto è stato amplificato su larga scala. Il processo è passato attraverso scanner in cui l’artista poteva scansionare direttamente l’insetto schiacciato. Inizialmente le scansioni non assomigliavano a nulla, per cui l’artista avrebbe poi manipolato digitalmente l’immagine in qualcosa di identificabile. Le opere risultanti contengono colori vibranti delle ali dell’insetto che coesistono con il corpo mutilato e schiacciato, facendolo apparire allo stesso tempo bello e tragico.
Tim Rollins and K.O.S.: “The Metamorphosen (after R. Strauss)” 2008 – India ink, shellac, xerograph, rag paper on canvas – 21,5×29,7 cm – black frames 41×48 cm – 9 parts work.
“Pinocchio (After Carlo Collodi)” South Bronx 1992 N°40 – wood, prosthetic acrylic eyes, wax, tung oil on wood log – 98×16 Ø cm
L’equivalenza estetica delle opere è direttamente connessa con il contenuto della stesse. I lavori dell’artista, per quanto siano visualmente dipinti, rivestono o meglio ricoprono la superficie di un testo letterario o spartiti musicali. La letteratura e la musica vengono prese in esame e connesse con il fare arte; il contenuto dei testi viene discusso con i ragazzi (collettivo dei Kids of Survivals – aka: K.O.S.) e da ciò scaturisce la natura estetica dell’opera. Il dipinto attraverso la cooperazione riconduce l’artista ad una metodologia di realizzazione in cui il singolo individuo si relaziona al gruppo, beneficiando di valenze che annullano la peculiare individualità dell’artista. Le Metamorfosi di Strauss, scritte nel 1946, riecheggiano, attraverso la densità del suono degli archi, gli orrori e le sofferenze della seconda guerra mondiale. Per Tim Rollins ed i suoi Kids of Survivals la trasformazione assume un significato catartico. Gli studi realizzati su quest’opera si risolvono infatti in una lenta trasfigurazione, un crescendo di macchie scure sugli spartiti musicali, quasi a voler dissimulare con una coltre di nero ciò che la composizione di Strauss vuole rievocare. Una simbolica oscurità che trasforma la candida eufonia delle partiture in un inchiostrato nero silenzio. “Pinocchio” è uno dei progetti realizzati nel 1992 in cui un optometrista ottiene dai partecipanti alla realizzazione dei lavori (K.O.S.) il calco oculare degli occhi di ciascuno di loro. Questi verranno poi realizzati in plastica ed incastonati in un tronco d’albero rendendo visibile l’anima unica e singolare dell’essere che vi risiede.
Ugo Rondinone: “ELFTERSEPTEMBERNEUNZEHNHUNDERTNEUNUNDNEUNZIG” 1999 – acrylic on canvas – ø 220 cm. Forse una delle opere più identificative della poetica dell’artista. Questi lavori circolari realizzati con aerografo e con cerchi concentrici mirano a destabilizzare la visione dello spettatore inibendo la percezione dello spazio. Di fianco all’opera è posta una targa in plexiglass che identifica il lavoro con una data che rappresenta l’esatto giorno, mese ed anno in cui l’opera è stata concepita. I due elementi principali: tempo e spazio sono presenti in uno slittamento in cui l’incontro dei due elementi sembra svanire ma simultaneamente coincidere.
Padraig Timoney: “Dry Dock due” 2009 – rabbit skin glue, pigment and ink on canvas – diptych: 170 x 265 cm each panel. Una parte fondamentale del lavoro di Timoney è l’approccio con cui noi memorizziamo le immagini considerando che i processi tecnologici che ci aiutano a preservarle sono simili a quelli di immagazzinamento dati del nostro cervello. A favore della nostra capacità di interiorizzazione delle immagini l’artista afferma che tutto viene registrato e che solo per comodità possiamo richiamare quelle che ci sono utili. Nulla di tutto ciò che abbiamo registrato nella nostra vita è cancellato ma rimane incoscientemente a disposizione dei nostri sensi. L’assimilazione di un’immagine ha tre gradi di registrazione: l’attimo in cui percepiamo, quello in cui si fissa nella nostra mente ed infine quando questa diviene memoria interiorizzata. Questo concetto è espresso chiaramente in quelle opere in cui la triplicità dell’avvenimento esiste nelle due tele affiancate che propongono due immagini in cui su una appare l’oggetto raffigurato e nell’altro la sua astrazione. I fondi colorati delle opere sono differenti e l’immagine viene dipinta sul retro di una tela con lo smalto, in modo tale da lasciare scoperto il colore che delinea l’immagine. Esso verrà sciolto da acqua bollente versata sulla tela capovolta sull’altra facendone apparire l’immagine e trasportando così l’inchiostro e la colla di coniglio sulla superficie della tela sottostante, a guisa di macchia. Questo processo traduce l’utilizzo di una storica tecnica pittorica (con colla di coniglio), che serve come base per qualsiasi pittura, ed il trasferimento dell’immagine da figurativa ad astratta.
Ciò implica il concetto di memoria e di interiorizzazione dell’immagine e relaziona l’opera alla stessa storia della pittura. Questa, quindi, è una tecnica di riproduzione e creazione dell’immagine in cui coincidono i diversi aspetti formali, concettuali e di linguaggio che chiariscono parte dell’intenzionalità del lavoro dell’artista.
Maurizio Cattelan, Mat Collishaw, Tim Rollins and K.O.S. , Ugo Rondinone , Padraig Timoney
Collezione
RAUCCI/SANTAMARIA STUDIO PROJECT
Via Francesco Redi, 23 – Milano
23 novembre – 22 dicembre 2023
Opening: giovedì 23 novembre, ore 18.00