Antoni Tàpies Segno Memoria Materia 10 febbraio 31 marzo 2023 Galleria Gracis photo credit Fabio Mantegna

Antoni Tàpies “Segno, Memoria, Materia”

Antoni Tàpies torna a Milano, dopo l’ultima rassegna antologica che lo aveva visto protagonista a Palazzo Reale nel 1985. Dal 10 febbraio al 31 marzo 2023, la Galleria Gracis, ospita un’esposizione in occasione del centenario della nascita dell’artista, Leone d’oro per la pittura alla 45º Biennale Internazionale d’Arte del 1993. La mostra comprende 23 opere, che ricostruiscono la panoramica della sua produzione creativa dal 1959 al 2006. La curatela è stata affidata a Luca Massimo Barbero.

La pittura di Antoni Tàpies, è unicamente pittura e totalmente pittura. Essa contiene il racconto di infinite storie dentro la Storia, raccoglie memorie e ricordi, sottratti per un attimo dalle tenebre dell’ignoto e dell’oblio e resi eterni attraverso le mani dell’artista, che non è altro se non il Creatore. Infatti, le opere dell’artista catalano si presentano come degli spazi dove la memoria, mano mano, si è sedimentata e ha assunto un aspetto differente da quello originario. Gli attimi, le reminiscenze si sono come ricostruite, dando vita a forme e suggestioni nuove, tanto convulse quanto ancor più per questo vicine all’umano. Un miscuglio tra il sonno e la veglia, dove i sogni si fanno ancor più forti. Come spiega Luca Massimo Barbero, all’interno delle opere di Antoni Tàpies, osserviamo: “Un universo visionario vivo di elementi filosofici e mistici. Li ritroviamo nel suo utilizzo della croce, presente nelle sue opere dagli anni ’40 o nell’atteggiamento demiurgico di Tàpies di imporre le mani sulla materia o imprimere dei graffiti per lasciare una traccia che sia memoria, simbolo, enigma. Tra l’altro si coglie anche la presenza di un’altra simbologia più misteriosa: caratterizzata dalla presenza di lettere, spesso le sue iniziali, o monogrammi e di numeri. Una serie di graffiti sospesi nel tempo”.

Antoni Tàpies stesso disse: «quando crediamo di potere, di punto in bianco, lavorare su di una determinata idea, ci accorgiamo che anche l’opera comanda, perché ha le sue leggi – interne ed esterne – di sviluppo. Si ribella e ci impone le sue condizioni come i personaggi di Pirandello. Come ovunque vi sia vita, si svolge un dialogo tra l’autore e la materia della sua opera. All’inizio lo scopo non è sempre chiaro: il cammino si forma sotto i passi». Così, l’artista catalano spiegava la sua relazione, a tratti violenta a tratti profondamente contemplativa, con la materia. Una materia che non si lascia plasmare inerme dall’artista, ma che esercita il suo magnetismo e la sua forza sulle mani di colui che la modella. Un composto di particelle vive che esprimono la violenta lotta dell’artista e dell’uomo con se stesso, per riuscire a raggiungere la sua stessa immortalità. 

Antoni Tàpies è universalmente noto come uno dei più significativi esponenti dell’informale, ma egli non amava le etichette e affermava con orgoglio di non aver mai firmato un manifesto per nessun movimento. Effettivamente, il suo è stato un lavoro talmente tanto legato alla materia viva da scardinare i confini stessi della pittura. È solo dopo la sua esperienza come uno dei fondatori del gruppo Dau al set di stampo neo-dada e surrealista, che negli anni Cinquanta e Sessanta compie una maturazione verso quello studio profondo della materia che poi non avrebbe mai abbandonato. Come si può notare all’interno di questa mostra presso la Galleria Gracis, Antoni Tàpies, esercitava un vero e proprio rapporto corpo a corpo con la materia, vi si calava completamente dentro, corpo e anima, come mostrano i lavori dove inglobava oggetti reali, vestiti e le impronte stesse del suo corpo. Queste opere non vogliono raccontare o rappresentare la realtà ma si offrono come comunicazione diretta della realtà stessa, con un linguaggio denso e primordiale, non mediato ma fatto di segni-base. Cemento, tele, sabbia, terra, corde, distribuiti in partiture dello spazio enfatizzate da pennellate potenti, riescono a convogliare con la forza evocativa che sgorga dalla loro fisicità la sofferenza, la solitudine, la tensione emotiva e quel male di vivere che accompagna costantemente le grandi anime. All’interno delle sue opere, come anche dei suoi scritti, si coglie una sorta di “automatismo psichico”. I forti contrasti presenti nella sua interiorità e nel mondo stesso, si riversavano sulla tela che racchiudeva quindi tenui allusioni, sottili rimandi, ammiccamenti e memorie labili, a cui si aggiungevano contrazioni, disseminazioni, implosioni e sfondamenti. Per rileggere e comprendere questo artista, fondamentali sono i pilastri italiani: Lucio Fontana, Alberto Burri e Piero Manzoni, tutti differenti ma con alcune caratteristiche analoghe e vicine all’artista catalano. 

I lavori di Antoni Tàpies, appaiono immediatamente riconoscibili indipendentemente dalle tecniche che l’artista ha utilizzato. Ci troviamo davanti a un autentico stile-segnatura, una sorta di calligrafia artistica che sembra situarsi al di là delle metamorfosi storiche.

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